Il pellegrinaggio è una pratica devozionale comune a tutte le religioni, e in particolar modo alla religione cristiana cattolica.   E’ il viaggio che si compie per recarsi in visita ad un luogo sacro.   Nel tempo sono notevolmente cambiate le forme del pellegrinaggio, che un tempo si svolgeva quasi esclusivamente a piedi.   In altra pagina descrivo le origini storiche e religiose del cammino di Santiago ed il suo svilupparsi nell’arco di alcuni secoli, al suo decadere fino alla recente ripresa, che risale agli ultimi decenni.

Questo sito si interessa essenzialmente al pellegrinaggio moderno, che ha assunto caratteristiche assolutamente particolari, non rapportabili a quelle tradizionali.

COS’E’ OGGI IL CAMMINO DI SANTIAGO OGGI?

Possiamo semplicemente rispondere che è l’esperienza che si compie ripercorrendo la strada che porta alla tomba di San Giacomo (ad limina sancti Iacobi), percorsa, dalla fine del primo millennio ad oggi, da milioni e milioni di pellegrini.

Lo si percorre generalmente a piedi, in questo ricollegandosi agli antichi pellegrini.    Lo si può fare anche in bicicletta, a cavallo, in auto, ma è evidentemente un’altra esperienza.

Non è determinabile quale e quanta strada percorrere: dipende da dove si proviene, dal tempo che si ha a disposizione.

Non è competitivo: non importa a nessuno quanti km si percorrono al giorno, in quanti giorni lo si conclude: dipende dalle proprie condizioni fisiche, ma anche dal proprio carattere, dagli interessi, dalle aspettative che si hanno.

Non esistono tappe prefissate e naturalmente l’accesso al cammino è libero: a nessuno si deve chiedere il permesso, a nessuno comunicare che lo si fa.

E’ un’esperienza semplice da compiere perché il cammino è segnato benissimo ed è provvisto di moltissime strutture nelle quali ristorarsi e passare la notte.

Non è assolutamente pericoloso: al contrario il cammino si compie all’interno di una comunità di persone legate da un forte legame di condivisione.   Molto difficile che all’interno si inneschino conflitti e dinamiche negative.    E comunque in Spagna i pellegrini sono “di casa” da secoli e la loro presenza è accettata con simpatia e cordialità.

In definita possiamo dire che il Cammino è una esperienza di vita che può rappresentare un  momento importante, che può indicarci che esistono strade nuove da percorrere.

PERCHE’ FARLO, QUALI MOTIVAZIONI SPINGONO

Leggendo la pagina che parla delle origini e dello sviluppo storico del Cammino di Santiago emergono due elementi importanti: la valenza religiosa del pellegrinaggio e il contesto storico in cui si svolge. La prima è stata sin dall’origine essenziale, sia pure strettamente dipendente dal ruolo istituzionale e dalle funzioni di controllo sociale che la Chiesa ha storicamente svolto. Oggi questa motivazione non è più determinante, e comunque non è esclusiva.   E’ impossibile trovare risposte che vadano bene per tutti e in tutti i casi: ognuno ha la propria.

Parlando con chi ha deciso di compiere questa esperienza  per conoscere le motivazioni che li avevano spinti si ricevono risposte di vario tipo, spesso un po’ vaghe, come di chi non ha una pronta una risposta certa.    Dalla mia personale esperienza e dall’osservatorio che la mia attività di informazione mi ha consentito posso testimoniare come siano relativamente pochi i pellegrini che indicano motivazioni esclusivamente religiose. Le risposte più frequenti indicano motivi genericamente “spirituali”, il bisogno di trovarsi soli con se stessi, di poter riflettere, di allontanarsi dallo stress quotidiano, di misurarsi in un’impresa ritenuta notevole sul piano fisico e ancor più su quello mentale, così particolare e “insolita”.  Altre fanno rifimento ad una idea del Cammino inteso come crocevia delal vita, come rifugio temporaneo per affrontare e superare periodi particolari della propria vita (la perdita del lavoro, la finje dell periodo di studi, la fine un rapporto affettivo, ecc.), una occasione per potere ritrovare le forse e magari l’orientamento giusto, la strada buona.   Altre risposte parlano di fascino derivante dalla storia del cammino, dai segni d’arte e di storia.    Altre infine sono corresse direttamente ad un crescende interessse per il camminare a piedi o in bicicletta, a vacanze da vivere a maggiore contatto con la natura.

Insomma, per concludere, le risposte non sono mai categoriche e indicano in genere un insieme di motivazioni.   Ogni pellegrino ha diritto di interpretare il cammino come crede: nelle motivazioni, nella scelta del percorso, nei tempi di percorrenza, nella quantità di energie da spendere, nel livello di sofferenza da accettare, nelle gratificazioni da ricercare. Perché la verità di cui tutti i pellegrini, alla fine, si rendono conto è che l’importanza del cammino non è rappresentata dalla meta che si raggiunge, ma è insita nel fare il cammino stesso.   A questo principio fa riferimento questa frase che ho letto da qualche parte (non ricordo dove). Dice “una volta si andava sul cammino per salvare l’anima, ora ci si va per trovarla”.

Un fenomeno caratteristico degli ultimi anni è dovuto alla sempre maggiore presenza del Cammino sugli organi di informazioni (radio, TV, internet) e ancor di più sui racconti fatti da chi l’esperienza del cammino l’ha già compiuta.   Tutto questo ha contribuito notevolmente a diffondere l’interesse per il Cammino favorendo però anche approcci superficiali, da indurre alcuni a considerare questa esperienza alla stregua di un “pacchetto vacanze” da acquistare presso un qualsiasi tour operator.

SOLI O IN COMPAGNIA?

La risposta non è affatto scontata e merita un approfondimento. Io ero partito da solo per fare il Camino Francés, perché non avevo trovato (in realtà neppure cercato con accanimento) compagni; in treno ho incontrato un giovane di Rovereto, anche lui partito da solo. Pur nella diversità di età, di esperienza, di interessi ci siamo intesi alla perfezione e abbiamo fatto tutto il cammino assieme.   In seguito ho percorso molti altri cammini partendo spesso solo, altre volte in compagnia

Sulla base delle esperienze personali e di quelle ascoltate da altri e ribadendo ancora una volta che non esistono regole assolute valilde per trutti,  mi sono fatto queste convinzioni:

  • la compagnia arricchisce, anche perché nel cammino si vive in un microcosmo particolare, protetto, privo di stress e aggressività: ne segue che i rapporti interpersonali si sviluppano in un ambiente favorevole. C’è molto tempo per parlare, come anche per starsene in silenzio. In compagnia si sopporta meglio la fatica, ci si aiuta nei momenti di difficoltà e di depressione: da soli tutto diventa più difficile.   Se si ha un buon compagno di viaggio, ben conosciuto, affiatato, con il quale si condivide l’interesse per il cammino, simili capacità fisiche, simili esigenze, con il quale si è in grado di essere sinceri e manifestare senza remore i propri bisogni, allora la compagnia va bene; in caso contrario molto meglio soli: si evitano tensioni, incomprensioni, non si devono fare rinunce o sacrifici, ci si sente insomma più liberi. Stare soli in questo caso consente di seguire meglio i propri ritmi interiori, ascoltare meglio le voci che vengono dal di dentro, assecondare meglio le esigenze del proprio fisico e della propria mente.
  • se si fa il Camino Francés andar da soli è quasi preferibile, dato il numero elevato di pellegrini che si incontrano; essere soli consente di fare più facilmente amicizia, di aggregarsi senza problemi a gruppi di persone, per poi magari staccarsene dopo un giorno, dopo due, dopo dieci, con la facilità di incontro e con la provvisorietà dei rapporti che è così caratteristica del cammino. Avere un compagno di viaggio può creare obblighi di reciproca “fedeltà” che in alcune occasioni possono costituire un freno.
  • avere un compagno di viaggio non deve diventare comunque un limite, una costrizione; può capitare, e capita, di avere l’esigenza di stare un po ’ da soli, magari anche un ’intera giornata: è segno di un rapporto equilibrato con il compagno prendersi e concedere questi momenti senza timore di offendere l ’altro.
  • i percorsi più duri e solitari è meglio invece farli in compagnia (affiatata, s’intende), sia per vincere meglio il peso della solitudine, sia per affrontare meglio gli imprevisti (strade sbagliate, maltempo, mancanza di albergue, sicurezza).
  • nel Camino Francés non ci sono pericoli particolari che sconsiglino di camminare da soli, neppure se si tratta di donne: d’altra parte chiunque ha fatto il cammino può testimoniare quante siano le persone che intraprendono il camminano sole.

A QUALE ETA’?

Non esiste un ’età privilegiata per fare il cammino: il cammino è per tutti, tutti lo possono fare, purché lo vogliano. Il requisito principale è la volontà forte, non un fisico bestiale. Si può quindi fare a tutte le età: naturalmente ciascuno, a seconda della propria preparazione e delle proprie forze, potrà fare più meno km al giorno. Ma questo è un altro problema, che vedremo a parte. Ora è importante avere chiaro e ribadire il principio che tutti possono fare il cammino, basta che lo vogliano.

SANTIAGO PER TUTTI

E’ il nome di un progetto, del quale tratto in altra pagina del sito del quale sono stato protagonista assieme a Pietro, disabile motorio, e ad un gruppo di pellegrini e che ha portato alla pubblicazione di una guida del Cammino Francese contenente indicazioni specifiche, dettagliate e verificate, utilizzabile da disabili per compiere l’esperienza del cammino.   Ma rappresenta anche una parola d’ordine, una direzione da perseguire nel pensare, progettare, realizzare i cammini, la loro segnaletica, i luoghi di ospitalità: realizzare itinerari, percorsi, strutture prive di barriere, per consentirne un facile utilizzo a tutti, siano essi disabili motori, o disabili sensoriali, o semplicemente persone che, temporaneamente, o in modo definitivo, hanno visto ridotte le proprie capacità fisiche.