Roma

1. Chiesa di S. Giacomo in Augusta, in Roma, nel Rione Campo Marzio, sulla via del Corso, nei pressi di Piazza del Popolo.
L’attuale chiesa risale ad una piccola cappella dedicata a san Giacomo apostolo nell’anno 1347 quando venne fondato l’Ospedale di san Giacomo degli Incurabili, chiamato così perché vi si assistevano gli ammalati di malattie non curabili negli altri ospedali romani. Nel 1579 iniziò l’integrale ricostruzione dell’ospedale: nel 1592 iniziò la totale ricostruzione e ampliamento della chiesa di San Giacomo.  Foto della volta
Per altre notizie:  http://www.sangiacomoinaugusta.org/ e http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Giacomo_in_Augusta
(segnalazione di Enzo: 3nzosk@gmail.com)

2. Nostra Signora del Sacro Cuore è situata in Piazza Navona, nel rione Parione.
La chiesa, il cui interno è visibilmente recente, ha invece una storia antica. Il primo edificio fu eretto nel XIII secolo nell’area dello Stadio di Domiziano, sacro alla tradizione cristiana per la memoria dei martiri che vi avevano trovato la morte, per volontà dell’infante Enrico, figlio del re di Castiglia Ferdinando III; tale reclamata fondazione regia ad opera dell’infante sembra essere frutto di una falsificazione storica successiva. L’edificio fu intitolato al protettore della Reconquista, Santiago, prendendo il nome di San Giacomo degli Spagnuoli.
Nel 1440 il canonico della cattedrale di Siviglia don Alfonso de Paradinas fece interamente ricostruire l’edificio a proprie spese affidando i lavori a Bernardo Rossellino – con una bella facciata – e, morendo, legò il proprio patrimonio alla chiesa.
Erano quelli, a Roma, i decenni della potenza dei papi spagnoli. Alessandro VI Borgia ordinò nuovi lavori di ampliamento, fece allargare una piazza di fronte all’ingresso su via della Sapienza (sul lato dell’abside) e trasferì negli edifici annessi gli ospizi per i pellegrini spagnoli che l’infante Enrico aveva fondato, uno presso il Campidoglio e l’altro lì vicino, in via di Santa Chiara. La chiesa di San Giacomo divenne così, nel 1506, la chiesa nazionale del regno di Castiglia a Roma, e nel 1518 fu di nuovo rimaneggiata da quell’Antonio da Sangallo il Giovane, che sarebbe poi divenuto l’”architetto di tutte le fabbriche pontificie”.
La chiesa e i suoi annessi furono per molto tempo riccamente mantenuti dai lasciti degli spagnoli di Roma, e le loro finestre su piazza Navona costituivano una sorta di palco di proscenio per gli spettacoli “acquatici” che si tenevano nella piazza. Non provvedendosi tuttavia a nessun mantenimento, nel 1818 la chiesa fu abbandonata dagli spagnoli in favore di Santa Maria di Monserrato, dove vennero anche trasferiti gli arredi e le tombe prima in San Giacomo, e fu poi sconsacrata e venduta, nel 1878, ai missionari francesi del Sacro Cuore.
Alla fine dell’’800 papa Leone XIII fece una ristrutturazione radicale de la chiesa, dopoché fu abbandonata dalle spagnuoli perché “dicevasi” minacciasse ruina, dall’architetto Luca Carimini, che fra l’altro ne modificò la facciata principale della piazza Navona, conservando “tutto” l’edificio originale con l’abside e il transetto, sul lato opposto di piazza Navona. La chiesa fu riconsacrata, affidata alla Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù e intitolata a Nostra Signora del Sacro Cuore.
Oggi sono da ammirare (della chiesa originale del XVI secolo) la seconda cappella a sinistra dell’altare, dedicata a San Giacomo, opera del Sangallo; la cantoria in marmi policromi sita nella terza campata a destra, opera del Torrigiano e il fondale marmoreo a serliana posto dietro l’altare maggiore, opera di Pietro e Domenico Rosselli.

Gaeta (Latina)
La chiesa dedicata a San Giacomo sorge nel cuore del quartiere Porto Salvo, e dà su via Indipendenza con l’alta facciata. Questa, realizzata nell’ambito dei restauri del 1965, è stata progettata da Antonio Petrilli ed è di forma rettangolare. Al centro, vi è il portale brozeo, opera di Angelo Sabbatani; sopra di esso, una finestra a forma di croce e, ancora più in alto, la moderna vetrata a lunetta raffigurante San Giacomo e i pescatori.
L’interno della chiesa è a navata unica coperta con volta a botte con vele. Lungo questa, si aprono otto cappelle laterali poco profonde, delle quali quattro (le due centrale di ogni lato) hanno degli altari in marmo, realizzati nel 1965 in sostituzione degli originali in scagliola. La prima cappella a destra è l’ex battistero, con mosaico moderno raffigurante il Battesimo di Gesù. La cappella dirimpetto, invece, presenta un mosaico coevo raffigurante la Crocifissione, con il corpo di Gesù in bronzo.
Si accede alla nuova abside, a pianta quadrata, progettata anch’essa da Antonio Petrilli e caratterizzata dalle forme spigolose, attraverso l’originaria abside barocca, coperta con volta a crociera; sulla parete di destra, vi è il dipinto Sacra Conversazione (1695), di Santillo Sannini, fino al 1993 sull’altare maggiore. Addossato alla parete di fondo, tra due finestre rettangolari, vi è l’antico altare maggiore barocco in marmi policromi, proveniente dalla chiesa sconsacrata di santa Caterina d’Alessandria. Questo, realizzato nel 1705 da Domenico Antonio Vaccaro, ospita, al centro dell’ancona, un crocifisso del XIX secolo. Sulle due pareti laterali dell’abside moderna vi sono tele Adorazione dei Magi (a destra) e Adorazione dei pastori (a sinistra), entrambe di Nicola Malinconico. La nuova abside è sormontata, all’esterno, dalla Statua dell’Immacolata.

Bagnoregio (Viterbo)
La viabilità è un fattore fondamentale dell’area occidentale del territorio di Bagnoregio (VT). In particolare la località La Capraccia si trova in corrispondenza dell’incrocio tra l’attuale S.S. Umbro-Casentinese, al km 10,600, e l’antica strada rurale orientata est-ovest che certamente fu in uso nel Medioevo come unico collegamento tra Orvieto e Bagnoregio, sul quale l’“osteria” della Capraccia, come si legge nella cartografia antica, rappresentava un luogo di obbligato passaggio.
Sono vari i documenti che attestano presso questa località la presenza della strada “Romana” o “Romea” e sempre dalle fonti d’archivio e documentarie risulta legata al passaggio viario la chiesa scomparsa di S.Giacomo de Caprafica: è citata dagli Annales Camaldulenses nel 1258 come chiesa dell’ospedale della Capraccia.
Maggiori informazioni sono disponibili nei due documenti allegati, Bagnoregio1 e Bagnoregio2, scritti da Maria Consiglia Pompei (mariaconsiglia@live.it) e che sono parte di una tesi di dottorato e di una tesi di laurea

Poggio Bustone (Rieti)
Nell’estate del 1208, a causa delle difficoltà di avere dagli Assisani il necessario per poter tirare avanti la vita, S.Francesco pensò di andare, con i suoi 6 compagni, a predicare altrove; per questo scelse la valle reatina, prendendo dimora sopra il paese di Poggio Bustone, allora soggetto all’abbazia benedettina di Farfa.
Qui, dopo avere avuto la conferma da parte del Signore, decise di inviare i propri compagni, a due a due, per il mondo a predicare la pace e la penitenza.  NeL’200 fu edificato il conventino con annessa chiesina nella parte nord del chiostro; tra la fine del’300 e l’inizio del’400 fu costruita la chiesa e fu ampliato il convento, comprendente il seminterrato ed il piano terreno, mentre nel’600 fu edificato il piano superiore.
All’interno vi è la chiesa dedicata a S.Giacomo.  Costruita verso la fine del’300, ha subito molti rimaneggiamenti, ma è stata riportata nello stato primitivo dopo il terremoto del 1948.
Sulla parete destra, su una tavoletta del’300-’400 sono raffigurati la Madonna delle Grazie col bambino; a lato due angeli in adorazione (affresco del’600), sotto è riprodotto il castello di P.Bustone su cui vigilano S.Francesco e S.Antonio. Nella parete opposta vi sono due affreschi murali moderni, che rappresentano scene della vita di S.Francesco. Si possono osservare delle artistiche vetrate, il coro a crociera e costoloni (del’600), un caratteristico crocefisso in legno appoggiato su un tronco d’albero e, nella parete di fondo, un quadro della Sacra Famiglia in viaggio verso l’Egitto.  vedi foto

Orvinio (Rieti)
La Chiesa di San Giacomo Maggiore è stata eretta nel 1608 per volere del barone Giacomo Muti, su disegno di Gian Lorenzo Bernini. E’ a pianta ottagonale e si fa vanto  dei dipinti di Vincenzo Manenti, valente pittore locale, posti  nei due altari laterali.  Il 15 agosto del 1892, come si legge in una lapide posta sulla facciata della chiesa,  “rovinò dalle fondamenta” , nel 1946 venne restituita al suo antico splendore dall’allora proprietario Antonio Tani.
La Chiesa di San Giacomo nel 2002 è stata donata al comune di Orvinio dagli eredi della famiglia Tani-Verlini.  La Chiesa è ora sconsacrata ed  è sede di mostre ed eventi.  Il Comune di Orvinio si trova lungo il Cammino di San Benedetto che collega Norcia con Monte Cassino, passando da Subiaco. Vedi foto
(segnalazione di Giovanna fila.r.gio@gmail.com)

Vicovaro (Roma)
Tempietto San Giacomo Maggiore di particolare forma pentagonale.
(segnalazione di Daniele rasta81@hotmail.it)

Tarquinia (Viterbo)
Nella zona Nord di Tarquinia, appena fuori della città medioevale, sorge la chiesa di San Giacomo, attualmente sconsacrata.   Risale al Secolo XII.  Accurate informazioni sui siti:
http://www.artestoriatarquinia.it/1985_Bollettino/Fabrizi%20F%20_%20Traversi%20G.C.%20LA%20CHIESA%20DI%20S.GIACOMO%20IN%20TARQUINIAdoc.pdf,
http://wikimapia.org/#lat=42.2567115&lon=11.7567387&z=18&l=4&m=b&show=/13228236/Chiesa-di-San-Giacomo
(segnalazione di Marco marcobose@tiscali.it)

Tuscania (Viterbo)
Cattedrale di San Giacomo. La primitiva chiesa di San Giacomo sembra fosse una grande, ma semplice, chiesa medievale. Il progressivo ingentilimento del terziere dove sorgeva spinse il rettore ad attivarsi perché venisse ricostruita in forme “moderne” ed adeguate all’elegante abitato che le sorgeva attorno. I lavori, secondo un progetto di autore sconosciuto, iniziarono nel 1563. Le intenzioni erano nobili, ma le finanze limitate, così, pur rispondendo ai nuovi canoni estetici rinascimentali, la chiesa era piuttosto semplice: suddivisa in tre navate da archi su colonne ioniche, con un ampio presbiterio corrispondente alla navata maggiore e due piccole sagrestie ricavate in testa alle navate minori, isolata e centrata in una piazza a prospettiva invertita. Forse a questa prima fase del progetto apparteneva il presbitero voltato e il soffitto a copertura della navata centrale (che non fu poi realizzato). È sicuro che nel 1573, quando il cardinal Gambara mandò i suoi architetti per adattare l’edificio a cattedrale, la chiesa era ancora incompiuta. Questi ordinarono la prosecuzione dei lavori, la costruzione (e forse ne fornirono il disegno) della facciata a somiglianza di quella della cattedrale di San Lorenzo in Viterbo (commissionata dallo stesso cardinal vescovo) e la costruzione di una grande sagrestia sul lato sinistro (realizzata 40 anni dopo) ecc.
Il cardinal Gambara era noto per il suo buon gusto artistico, come aveva dimostrato nella costruzione dell’elegante villa di Bagnaia e nella ristrutturazione del palazzo della Loggia in quella città. Quegli stessi architetti che lavorarono in quelle opere poterono, forse, dare indicazioni anche per il San Giacomo di Tuscania.
Alla morte del vescovo i lavori erano in gran parte compiuti, ma non vennero portati a termine dal suo successore, il vescovo Montigli che invece si adoperò perché venisse realizzata, a spese della comunità, la casa vescovile nelle adiacenze della chiesa. Fu il cardinal vescovo Tiberio Muti che, tra il 1620 ed il 1622 compì i lavori costruendo la grande sagrestia e consacrando solennemente la chiesa. In quegli anni, con beneplacito del vescovo, la Compagnia del SS. Sacramento, costruì sul lato sinistro del presbiterio, la cappella omonima. Ad essa si contrappose, simmetricamente sul lato destro, dopo qualche decennio, la cappella dei SS. Giusto e Giuliano, voluta dal vescovo cardinal Francesco Maria Brancaccio, per uso dei vescovi pro tempore. Lo stesso vescovo trasferì, in quegli anni, la residenza vescovile dalla casa attigua alla chiesa al sontuoso palazzo Donnini.
Nuovi lavori vennero intrapresi all’inizio del Settecento: si costruì l’orchestra posta sulla porta d’ingresso centrale per ospitare un nuovo organo realizzato Lorenzo Alari di Roma, venne realizzato un soffitto dipinto da Pasquale Brocchi, vennero risistemati alcuni altari, etc.
L’aspetto attuale è però frutto dei lavori di radicale trasformazione intrapresi a partire dal 1781, sotto la direzione dell’architetto Giuseppe Maria Antolini. A lui si deve il totale riallestimento interno, l’ampliamento della sagrestia e la costruzione della canonica. Il campanile venne realizzato, invece, su disegno dell’architetto Domenico Lucchi. A seguito del sisma del 6 febbraio 1971, ed i successivi lavori di restauro, si è perduta la cromia originaria voluta dall’architetto, fatta da “sfondati celestrini” e membrature color travertino, resa vivace da una decorazione di finte architetture in “chiaroscuro”.